C'era una volta un AK47 Cyma.
C'era una volta. Si perchè una volta che ne prendo in mano uno lo lascio alle spalle e lo trasformo, come è giusto che sia e come è chiaro che debba essere. L'AK in questione, nella sua più sfrenata e classica versione è un usato comprato un pò faticosamente che di per se non presentava grossi problemi. Una poca cura interna e qualche perdita del gruppo aria erano i problemi principali di questa replica "Ready to battle" che di per se una volta tolta dalla scatola da nuova è prontissima e perfetta per iniziare a giocare. Ma scendiamo un pò nel dettaglio tecnico del "Ferro".
L'ultimo Cyma che mi è capitato sotto mano è stato nel lontano 2003, agli arbori in pratica e rimasi sconcertato per quanto fosse terribile utilizzare una replica del genere (aveva addirittura il gear box di plastica ma aprendo questo mi sono rincuorato per molti versi. Certo, non si trattava certamente di un gear box professionale essendo un Cyma Shoot & recoil ma senza dubbio alcuno era più resistente e massiccio dell'antenato plasticoso, ad ogni modo l'ho preso e l'ho tolto. Punto. Al posto del Cyma avrei posto un gear box Classic Army, con terna della stessa marca, pistone e molla Systema, boccole cuscinettate e testa antivuoto, un buon spingipallino e dopo averlo spessorato a modo e ingrassato ho richiuso tutto (Ho avuto il magico "clack" subito sta volta! Starò mica diventando bravo?) tuttavia così facendo il coperchio della culatta non si chiudeva, disdetta! A quel punto ho controllato e sistemato quelo che già c'era; controllato il gruppo aria e ho provato qualche raffica, mi sono considerato contento solo cambiato anche il gommino dell' Hop Up. Eccellente, funziuonava, ma non mi sarei perso d'animo, appena avrò due minuti di fila per fare le cose con pazienza troverò il modo di metterci un gear box professionale. Il più delle modifiche però le ho fatte esternamente anche se alla fine non hanno cambiato assolutamente la forma estetica del fucile ma solo la sua "credibilità".
Dopo averlo completamente smontato pezzo per pezzo mi son dedicato al legno e dopo una profonda quanto lunga smerigliata per riportare a nudo il materiale (addirittura abbastanza buono oserei dire), l'ho ususrato dandogli un senso di vissuto strofinandolo senza troppo vigore su una parete grezza, dopodichè è stato spazzolato per bene e pulito con una pezzuola appena inumidita, infine ho reso il colore del legno definitivo con una miscela di impregnante professionale color Palissandro, dopo tre mani il risultato era accettabile. Se non altro era legno credibilmente usato e credibilmente lavorato. Un consiglio vivo per chi si cimenta in una cosa del genere è di dare la stessa mano con insistenza quasi la si volesse stendere più volte, quando vi renderete conto che è in via di asciugatura potrete riprendere con il sistema base, ovvero attendere un pò e stendere le mani successive.
Il metallo si è rivelato un pò più bastardo, premettendo che senza alcun dubbio era alluminio e una lega pressocchè sconosciuta in almeno due parti del fucile mi sono dovuto accontentare di un momentaneo carteggio e invecchiamento "storico". Da notare che delta di mira, canna, riceiver, body e coperchio di culatta sono di materiali diversi riunibili per somiglianze in tre gruppi, ma è un problema pressocchè relativo se prendiamo in considerazione che comunque il fucile DEVE avere l'aspetto di un rudere usato e usurato, come quelli nelle foto di esempio. Dunque via. Inizia l'avventura dello sverniciamento e della brunitura.
Per quanto riguarda il metallo la soluzione più indolore ed economica è stata la paglietta metallica, si proprio quella che si usa in cucina. Un volta presi i singoli pezzi ho iniziato a carteggiarli con la spugnetta in modo da mettere in risalto i dettagli in rilievo e indebolendo allo stesso tempo la laccatura delle superfici piane, otterremo così un fucile con tutti i dettagli in risalto (le zone di massima usura) e le parti meno sporgenti più scure. Una prima occhiata però non mi dava un buon senso di reale e quindi l'ho scrosta tutta con uno sverniciatore in gel multimateriale, badate bene di smontare intermanete il fucile quando andrete a fare una cosa del genere! Una goccia di quel gel sul gear box o NEL gear box o nell'hop hup potrebbe rivelarsi letale per il corretto funzionamento del fucile. A quel punto il risultato era metallo puro argenteo! Malgrado fosse possibile rendere il fucile brunito con del "Blue" per fucili ho preferito fare delle prove meno aggressive e profonde iniziando un lavoretto basato sul brunitore classico per fucili. Ogni volta che stenderete il prodotto fate attenzione perchè inizialmente apparirà ARANCIONE e BLU. Non allarmatevi e aspettate l'asciugatura per riprendere poi una seconda mano ed eventualmente una terza e se non foste soddisfatti una quarta e via così. Dopo quattro passate sulle zone meno soggette alle intemperie circa il risultato è accettabile e mi considero soddisfatto, la culatta e il recpero gas hanno solo una mano e "mezza" per lasciare l'ossido color arancio e quel tono di sciupato.
Quello che vedete all fine è un buon risultato che trasforma un giocattolo in una replica accettabile sia meccanicamente che esteticamente pronta alla prova del campo in tutto il suo classico e sfrenato splendore.
Una replica pronta alla vendita da 180€ circa.
Note sull'AK 47
Che sia brutto è innegabile, l'AK47 è un fucile che esteticamente fa storcere il naso ma che una volta provato lo si ama follemente. contro ogni aspettativa è leggero, maneggevole, è comodo, sottile, è basso, ha una mira molto istintiva e una struttura molto robusta se comprato di una marca credibile in metallo. Alla fine ci si fa quasi l'abitudine e si scopre quanto un AK 47 faccia parte dei fucili "preferiti" e perchè molti operatori reali lo scelgano per quasi tutti i teatri di guerra (calibro e manutenzione a parte dato che nel nostro caso non c'è differenza tra replica e replica). L'unica cosa che mi rincresce che dal modello che ho preso mancavano elementi, insomma il venditore poco onestamente o in buona fede mi portò questo fucile con sei viti in meno, un calciolo senza guida, senza perno di ritegno del paramano, insomma, abbastanza maltrattato. A me i fucili così non piacciono. Li cullo, li coccolo, li faccio rinascere e infatti eccolo qui. Come è giusto che sia.
UN PO' DI STORIA
Avtomat Kalašnikova obrazca 1947 goda (dal russo Автомат Калашникова образца 1947 года: fucile automatico Kalašnikov modello 1947), meglio noto come AK-47, è un fucile d'assalto progettato appunto nel 1947 da Michail Timofeevič Kalašnikov, allora sottufficiale dell'Armata Rossa dell'Unione Sovietica.
L'AK-47 o, come è popolarmente noto, "Kalashnikov" (in traslitterazione anglosassone) fu il capofila di una vastissima serie di armi ispirate alle sue concezioni meccaniche, balistiche e d'impiego, per lo più adottate da paesi in qualche misura legati all'Unione Sovietica.
È stato affermato che non meno di 50 eserciti regolari lo adottino come arma d'ordinanza e che ne siano stati prodotti più di 100 milioni di esemplari. La sua robustezza e semplicità ne hanno fatto un'arma popolare anche tra i soldati di quelle nazioni che usano armi diverse dall'AK 47 (M16, G3, M14).
In Italia, viene spesso utilizzato da criminali, poiché è facilmente reperibile sul mercato clandestino, come "residuato bellico" dei vari conflitti che hanno accompagnato la dissoluzione della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia.
Consci del potere della suggestione e del valore tecnologico dell'arma, i sovietici fecero circolare, durante la guerra fredda, una leggenda sulle modalità della sua ideazione.
Secondo la versione "ufficiale", il sergente dei carristi Kalašnikov, ferito durante la seconda guerra mondiale, nel suo letto d'ospedale avrebbe a lungo riflettuto sulla possibilità di realizzare un'arma che potesse garantire all'Unione Sovietica un'adeguata supremazia d'armamento. Una seconda versione afferma che l'idea fosse quella di dotare di un'arma efficace i carristi rimasti appiedati, in modo di permettere loro di dare supporto alla fanteria. Avendo saputo che i comandi strategici del Cremlino erano alla ricerca di un'arma da breve raggio che potesse usare una cartuccia di calibro 7,62 mm, già usata per il poco soddisfacente Simonov SKS, avrebbe subito pensato alla possibilità di realizzare qualcosa di simile all'StG-44, lo strabiliante Sturmgewehr tedesco nel frattempo messo in campo, mantenendone le qualità e correggendone i difetti.
La CIA, ribatté che la leggenda fosse pura propaganda, sostenendo che si cercasse di sfruttare il nome di un eroe di guerra per ammantare di sentimenti idealistici una frenetica ricerca condotta da diversi gruppi di armaioli; comunque la ricerca, anche secondo gli americani, puntava a costruire l'arma intorno al calibro, ed il progetto fu sviluppato con questo preciso obiettivo.
L'AK-47 è particolarmente all'avanguardia relativamente agli anni del suo sviluppo ed entrata in servizio. Prende molte delle sue soluzioni tecniche dallo StG-44 (o MP44) del quale costituisce, secondo alcuni, l'evoluzione. Il sistema di presa di gas dell'AK-47 è posto superiormente alla canna poco oltre la metà della lunghezza di questa e connesso diagonalmente, spesso ai lati sono presenti 4 fori per lo sfogo del gas eccedente, all'interno trova posto il pistone che produce l'arretramento dell'otturatore.
Canna
La canna dell'AK-47 è — nella configurazione standard — lunga 414 mm (senza eventuale compensatore), le rigature sono 4 con andamento destrorso, la tecnica di rigatura è variabile e possono trovarsi esecuzioni per brocciatura (intaglio a punto singolo con broccia elicoidale) oppure per rotomartellatura. La foratura della canna degli AK-47 è varia, vista la molteplicità delle produzioni: generalmente si può affermare che (con buona pace della dicitura del calibro) la normale foratura è 310 millesimi di pollice.
Meccanismo di sparo
Spaccato dell'AK-47 illustrante la sua meccanica
Poche armi hanno esercitato un'influenza culturale quanto l'AK-47. Nell'immagine, il fucile è riprodotto sulla bandiera del Mozambico. In alcuni paesi africani, è diffuso il nome proprio "Kalash", diminutivo di Kalashnikov.
La catena di scatto si distingue per semplicità e funzionalità. Essa si basa sull'azione di tre denti d'arresto sul cane (infatti l'arma ha un sistema di percussione indiretto con cane interno). Il dente d'arresto e quello disconnettore sono automaticamente azionati dal grilletto mentre il dente ritardatore è attivato dal movimento del portaotturatore.
Il dente ritardatore funge da dispositivo di sicurezza in quanto evita che il cane possa colpire il percussore se non ad otturatore chiuso; il dente disconnettore può venir bloccato da un'appendice del selettore (prevenendo così il riaggancio del cane fino a grilletto premuto).
Organi di mira
Le mire del Kalašnikov sono di tipo aperto e pertanto assimilabili a quelle tradizionalmente adottate dalle forze armate russe dal 1891 su praticamente ogni arma leggera. Esse sono formate da un mirino e da una tacca di mira. La tacca di mira è installata su di un alzo tangente graduato in metri e con un fondo scala di 800 m, il mirino invece è formato da un piolo inserito su una struttura vicino alla volata della canna ed è protetto da due generose alette laterali. Per il tiro notturno sono in dotazione tacca di mira e mirino fosforescenti agganciabili rapidamente alle corrispondenti parti dell'arma.
Caricatore
Per la sua diffusione universale, l'AK-47 è "materia di studio" per le truppe speciali di tutto il mondo.
Il sistema di alimentazione del Kalašnikov è formato da un caricatore bifilare[6] dalla capienza di 20/30 cartucce. I caricatori sono realizzati in lamiera stampata e hanno forma ricurva (detta anche a banana), con un sistema di aggancio estremamente robusto, composto da un attacco anteriore e uno posteriore.
Dietro alla sede del caricatore si trova il relativo pulsante di sgancio, che ritrae l'attacco posteriore svincolando il pezzo.
Castello
Il castello è probabilmente una delle parti più interessanti dell'arma.
La prima versione dell'AK-47, montante un castello stampato, si rivelò un fiasco visti i problemi di accoppiamento tra le parti macchinate (fresate) e quelle stampate. Così dopo pochissimo tempo i russi cominciarono la produzione di un castello in acciaio ricavato dal pieno, proprio per questo l'AK pesa 4,3 kg scarico, nonostante ciò la lamiera stampata tornò con l'introduzione dell'AKM, versione più diffusa di questa arma. Il castello è aperto superiormente, l'apertura viene chiusa da un elemento in lamiera stampata che contribuisce a contenere la molla di recupero del portaotturatore.
Calcio
Il calcio è solitamente realizzato in legno come l'astina guardamano e l'impugnatura, sono comunque ugualmente comuni versioni dotate di un calcio pieghevole a stampella (AKS) realizzato per saldatura di tubi di acciaio. Le finiture sono solitamente una brunitura chimica oppure una parkerizzazione[8] al biossido di manganese per le parti metalliche eccetto per l'otturatore che viene lucidato (negli AKM anche l'otturatore è parkerizzato). Le parti lignee invece sono verniciate, la presa di gas, la canna e tutte le parti a contatto coi gas sono cromate a spessore per aumentarne la resistenza in condizioni ostili e con munizionamento corrosivo.
Compensatore
L'AK-47 non ha compensatore. Sull'AKM è stato escogitato un sistema per compensare la tendenza dell'arma a impennare a destra in alto durante il fuoco automatico: la volata è stata tagliata nella sua parte superiore leggermente sulla destra. In questo modo i gas di sparo, uscendo, imprimono una spinta intesa a stabilizzare la direzione del fucile, contrastando l'impennamento.
Volata del fucile d'assalto AKM. Si noti il freno di bocca obliquo a forma di "salame tagliato"
Lo spostamento è determinato dal fatto che il complesso otturatore-portaotturatore ha una massa molto rilevante ed è asimmetrico: il suo baricentro è spostato verso destra e quindi tende a spostare l'arma in questa direzione.
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